L’Antisposa – Habemus villam

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Ad averci una villa tipo quella in cui vive la famiglia Banks nel film “Il padre della sposa”, avrei organizzato anche io a casa mia il ricevimento di nozze: l’ambiente familiare, i tavoli in giardino, i gazebi in legno con la copertura bianca, una bella fontana, la luce della luna, le stelle. Sì, quel poco di romanticismo che ho l’avrei espresso così. (Salvo poi impazzire perché credo che dover gestire, oltre a tutto il resto, anche i preparativi della festa nella casa in cui vivi acuisce l’esaurimento nervoso. Ma che importa? Tanto per impazzire impazzisci lo stesso).

E’ con questo pensiero fisso in testa che ho iniziato la ricerca del ristorante giusto, scontrandomi immediatamente con la dura realtà: ville di questo tipo a Napoli non ce ne sono poi tante. Ma bisognava almeno cercarle.

La “Fiera degli sposi” mi ha fornito almeno un centinaio di brochure di altrettanti locali che, però, sono stati tutti scartati o perché decisamente fuori mano, o perché somiglianti a ritrovi vietnamiti, o perché volgarissimi con addirittura anche i gabinetti laccati oro, o soprattutto perché già sperimentati per altri matrimoni a cui ho preso parte. E, almeno, volevo fare una cosa originale.

In merito a ciò, devo dire che i miei genitori hanno pesantemente insistito affinché scegliessimo il ristorante in cui c’è stato il ricevimento per le nozze di mio fratello, e prima ancora di mio zio, e prima ancora di un cugino di mia cugina, e prima ancora i venticinque anni di matrimonio di una zia. E prima ancora decine e decine di feste di famiglia. (Non è che siamo maniaci ossessivi, è che i proprietari sono amici e quindi ci hanno sempre garantito un ottimo trattamento e anche uno sconto.) Ho provato a spiegare ai miei che volevo proporre qualcosa di nuovo, ma loro (giustamente o ingiustamente) ribadivano il concetto: dove avrei trovato un miglior rapporto qualità/prezzo con l’ulteriore sgravio di non dover pagare l’anticipo? Mi stavo quasi convincendo e stavo tentando di convincere il mio promesso sposo. Poi, un giorno, suo padre ha nominato per caso quel ristorante affermando che si era ormai trasformato in una mensa per i senzatetto e, quando ci siamo tornati per l’ennesima festa familiare, ho scoperto che non era affatto vero ma che, in compenso, le mura esterne crollavano a picco e le sedie erano ormai mangiucchiate dalle termiti. Chiedere una totale ristrutturazione dell’immobile era un tantino troppo e quindi l’ho depennato definitivamente dalla lista. Senza rancore.

Bisognava partire daccapo, con l’aiuto di internet. Ma trovavo solo opzioni in periferia (e di costringere i miei invitati ad una trasferta non me la sono sentita) e poi, come già precedentemente detto, la maggior parte di quelli che contattavo non avevano un posticino libero per noi.

Costretta con una morsa al cuore ad ipotizzare un matrimonio infrasettimanale e non di sabato, per riuscire così a trovare disponibilità da qualche parte, ho visionato i siti di quasi tutti i locali della città, equamente divisi tra le due storiche tipologie: il locale con il grande salone chiuso e il locale con la grande terrazza all’aperto vista mare. Inutile dire che non andava bene nessuno dei due, almeno per me: la sala chiusa e immensa, con i lampadari di cristallo e la musica che ti rimbomba nelle orecchie, mi sembra scontata e troppo già vista; la terrazza vista mare è bella, sì, ma costa un occhio della testa.

Perché, ovviamente, bisogna tenere sotto controllo la spesa complessiva.

A me hanno fatto richieste di vario genere, da un minimo di novantacinque euro a persona (e per i bambini metà prezzo) ad un massimo di centotrenta; l’ostricaro con i frutti di mare crudi, se lo vuoi, ti costa dieci euro in più a persona; i musicisti almeno mille (e devono mangiare quindi aggiungili alla lista degli invitati); i diritti SIAE da versare per le canzoni proposte, almeno altri duecento; tasse, iva e quant’altro almeno altri mille; la cena di prova stranamente gratis.

Devo ammettere che, dopo mille telefonate e altrettanti ragionamenti, dopo l’angoscia che saliva, accompagnata dalla certezza che non avremmo trovato nulla che facesse al caso nostro (il che, sotto sotto, non mi dispiaceva, visto che io la festa l’avrei evitata accuratamente. Ma ormai ero in ballo e dovevo ballare.) abbiamo risolto la pratica abbastanza velocemente.

Abbiamo visitato dal vivo tre ristoranti: il primo era molto bello, con una terrazza coperta arredata benissimo ma troppo piccola per le nostre esigenze; il secondo aveva un giardino enorme ma troppo dispersivo, tanto che i bambini si sarebbe persi certamente durante la festa, ed una sala interna troppo piccola; il terzo ci ha conquistati.

Si tratta di una villa privata, molto stile americano, che quando l’ho vista mi è sembrato davvero di essere a braccetto di Steve Martin: il patio, il giardino, i gazebi, la fontana, i teloni bianchi. Non ne conoscevamo l’esistenza anche se, per puro caso, è vicinissima a casa mia, quindi molto pratica.

A gestirla è il figlio della proprietaria, un giovane musicista molto rockettaro che ci è stato simpatico a prima vista.

Per il sabato che avevamo in mente noi, era libera!

Siamo rimasti affascinati della cornice, calda e familiare; ci è piaciuta tantissimo l’idea di fare il buffet iniziale sotto al patio per poi spostarci nei viali del giardino in cui ci saranno altri angoli del buffet dedicati alle varie specialità, tra cui uno su cui verranno arrostiti al momento tocchetti di carne da consumare caldi; ci hanno fatto impazzire le tavole apparecchiate all’aperto, sotto ai gazebi i cui contorni, in caso di pioggia, possono essere chiusi.

A convincermi definitivamente però sono stati gli occhi del mio futuro sposo che si guardava intorno estasiato, come me, e che sembrava proprio amare a prima vista quel luogo.

Quindi affare fatto, con amore.

Ma l’amore, si sa, comporta sempre dei rischi. E noi li abbiamo messi in conto, scegliendo questo posto meraviglioso che, purtroppo, non ha una sala interna sufficientemente grande e quindi bisogna proprio sperare che il tempo sia splendido, quel giorno.

Suvvia, ci siamo detti, il matrimonio è previsto per Giugno, sarà praticamente estate, potrà mai piovere così forte da costringerci a rinunciare al pranzo fuori per doverci frettolosamente arrangiare dentro in qualche modo?

No.

Per ironia della sorte, qualche giorno dopo aver firmato il contratto per questa villa, c’è stato un violento uragano che ha devastato vari angoli della città: pioggia violenta come mai l’avevamo vista, tuoni, lampi e saette. Una specie di catastrofe ambientale che è durata una sola notte, per fortuna. Una sola notte. Ma una notte di Giugno.

Mi sono un po’ avvilita, devo dire.

Poi ho pensato che, se è successo l’anno prima, non può ripresentarsi anche l’anno successivo.

O no?

A scanso di equivoci, ho acceso un cero a San Gennaro.

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Villa Doria, Napoli

Villa Doria, Napoli