METTIAMO MANO ALL’ARMADIO

Due volte l’anno, ma talvolta anche più spesso, a casa mia si fa tempo di svuotare e ririempire gli armadi. La maggor parte della gente lo chiama cambio io invece genocidio di stagione. Perché da un paio d’anni, non si sa come mai, ogni volta che metto mano ai miei vestiti ne regalo la metà e ne butto un quarto.
Prima non era mica così. Per anni il mio guardaroba era sempre tristemente lo stesso e si trattava solo di spostare in basso la roba che serviva e in alto quella ormai fuori stagione. Da circa due anni invece – ovvero da quando la gestazione e la nascita di mia figlia la grande mi avevano sottratto il corpo e la voglia di averne uno – ho preso le redini della situazione e ho deciso di curare il mio aspetto. Partendo dal make up e poi dal look.
Per cercare il mio stile ho fatto molti tentativi e acquistato roba di ogni genere che ancora sto smaltendo. Con somma gioia, nell’ordine, prima di mia sorella e poi della Caritas. Per me, infatti, non vale la regola che le sorelle grandi passano i vestiti alle piccole, ma il contrario: io, che sono nata dopo, a volte compro vestiti troppo piccoli per me e allora li passo a mia sorella che è maggiore solo anagraficamente, visto che in confronto a me è una nana. O io un bisonte, questione di punti di vista.
Comunque ho imparato la lezione e compro tutto a misura, anzi pure abbondante, così non sbaglio più.
Il cambio di stagione mi piace tantissimo. Amo riscoprire cose sepolte, buttare (e comprare), liberarmi dell’inutile. Ma del superfluo, mai, per principio (firmato Shopaolic).

L'armadio di Carrie

L’armadio di Carrie

 

IL DESTINO, QUESTO (S)CONOSCIUTO

Non so se credo al destino.
Non so se quand’ero un’ambiziosa e tenace ragazzina era già scritto da qualche parte che sarei diventata ciò che sono oggi, ovvero una mamma piena di idee e voglia di fare che ha scoperto di poter essere felice pur non essendo più al centro del (suo) mondo.
Non so se esiste un piano prestabilito per ognuno di noi.

C’è un uomo fantastico che ha una teoria che ho deciso di sposare (come ho sposato lui). Lui dice che per capire se abbiamo fatto scelte giuste o sbagliate bisogna partire dal punto in cui siamo: siamo felici? Se lo siamo, allora tutto ciò che abbiamo fatto è stato ben fatto, se ci ha portato fino a qui. Tuttavia non è così semplice perché a volte l’infelicità, il destino sbagliato, non dipendono dal nostro vissuto. Non sono colpa nostra. Semplicemente, ci capitano.

Io sono una che ha sempre avuto paura di tutto, un’ansiosa cronica. Ma mi butto a capofitto nelle cose, anche nelle più “pericolose” e spingo anche gli altri a farlo. Perché? Perché ne ho viste tante e so che non è evitando i rischi, che eviterai le fregature. Tu puoi non fumare mai una sigaretta nella vita ed ammalarti di cancro al polmone, e puoi fumarne due pacchetti al giorno e campare fino a cent’anni. Questo, certo, non significa che fai bene a fumare come un turco (anche se certi giorni vorrei non aver smesso) ma che non dipende sempre dal tuo impegno e dalla tua volontà. Dipende, ecco. Dipende. Da cosa, non si sa.

Caso? Fortuna? Destino? Non lo so, chiamiamolo come preferiamo ma resta il fatto che c’è gente che resta illesa da incidenti mortali e altra che muore inciampando in casa e battendo la testa su uno spigolo. C’è chi sopravvive a malattie incurabili e chi muore mangiando un maledettissimo boccone di mozzarella. Fa paura, ma è così.
E allora non è che bisogna per forza sfidare la sorte, non è che bisogna avere sprezzo del pericolo, però neanche restare immobili e tranquilli per evitare guai serve. I guai, se vogliono, ti trovano.

Penso a Pietro, per esempio: se quel giorno non si fosse lanciato col paracadute, oggi sarebbe ancora qui? O sarebbe andato via lo stesso, in un altro modo? Non lo sapremo mai.

E allora, mi dico, tanto vale godersi la vita: non saprai mai dove stai andando ma, almeno, deciderai tu in che modo andarci.

È SANTO, ERA UOMO, ERO SCEMA

Questa sera andrà in onda su Rai 1 il film tv Non avere paura – Un’amicizia con Papa Wojtyla, tratto dal libro Era Santo Era Uomo di Lino Zani, la guida alpina che condusse Giovanni Paolo II tra i monti del Trentino. E a me viene in mente una storia, la mia. Ve la racconto.

Nella primavera del 2008 un caro amico e grande professionista mi mise in contatto con un produttore che aveva scritto un film sulla vita “montana” di Karol Wojtyla. Era un piccolissimo produttore e i soldi per produrre non ce li aveva, ma aveva trovato un produttore vero disposto a sostenerlo e gli erano già stati garantiti i fondi della Trentino Film Commission e di varie associazioni della zona, desiderose di ospitare una produzione diversa dai soliti cinepanettoni.
La sceneggiatura, però, era indecente. Un incrocio di storiografia e misticismo senza né capo né coda. E per questo volevano me: per metterci mano e darle un senso.
L’ho fatto, lavorandoci un’intera estate. Sono stata a Cortina, all’Adamello e in tutti i paesini visitati dal Papa, ho conosciuto la gente che l’ha conosciuto, ho parlato con tutte le autorità del posto e con i vari referenti del caso.
Il film però non si fece mai, perché quel piccolo produttore a un certo punto provò a farsi grande, litigò col produttore vero e perse tutti i fondi. Fondi che poi, presumo, sono stati destinati al film tv in onda questa sera: ma l’idea di farne uno sull’argomento, la voglia, l’intuizione, penso nacque lì.
Io non ho mai ricevuto il compenso pattuito, ovviamente. Ma ben mi sta, visto che mi ero fidata senza garanzie. Che volete farci? Ero giovane, ingenua ed entusiasta.

In ogni caso, oggi Wojtyla è Santo davvero. E questo film è di sicuro meglio di quello che creammo allora, e che nelle intenzioni del piccolo (megalomane) produttore doveva avere per protagonista Clive Owen. J’adore. Ma fa niente, mi piace pure Pasotti… Che volete farci? Sono onnivora. E, vi giuro, non più così fessa.

Giorgio Pasotti e Aleksei Guskov nei panni di Lino Zani e Papa Wojtyla

PIOVE SUL BAGNATO

Amavo la pioggia. Quand’ero giovane e incosciente. Quando mi godevo il rumore sui vetri mentre mi crogiolavo nel letto o stavo a casa nei sabato pomeriggio d’inverno.
Oggi, quando il meteo sullo smartphone mi dice che oggi, domani e dopodomani pioverà, io mi sento morire. Perché la pioggia ci terrà bloccate in casa e mi farà sentire in trappola.
A volte, se il cielo mi sembra amico, sfido il meteo. Come ieri, che portava pioggia ma c’erano il sole e 25 gradi, quindi ho messo le scarpe aperte, un vestitino estivo, cardigan leggero di Zara e giacchetta di pelle per poi trovarmi, completamente inadeguata e a disagio, in uno di quei sabato pomeriggio invernali, ma con i piedi bagnati e il gelo nelle ossa.
Il top però l’ho raggiunto quando, non dando fiducia al meteo, ho portato mia figlia la grande a scuola nonostante annunciasse pioggia. Al momento di andarla a prendere è scoppiato il famoso pata pata di ogni acqua e a me è venuto il panico. A piedi non potevo andare, capirai… Già senza pioggia è un problema, perché con una mano spingo il passeggino di mia figlia la piccola e con l’altra trattengo la grande che vuole correre da sola tra auto e incroci: dove lo mettevo l’ombrello?! Non fatemi essere volgare.
E allora sono andata in macchina, con la piccola bardata nella sua odiata sediolina che ha strepitato tutto il tempo rischiando una sincope. La maestra mi ha portato fuori la scolara che, divertitissima sotto l’acquazzone, ha giocato a Peppa Pig saltando nelle pozzanghere. Ci abbiamo messo un’ora a tornare a casa nel traffico aversano, mentre la scuola è a 5 minuti a piedi da casa, ma almeno, quando eravamo tutte e tre al sicuro nell’abitacolo, mi sono tranquillizzata.
Per non farle bagnare ho parcheggiato l’auto davanti al portone sfidando le ire funeste di quei fissati del mio condominio, e poi ho dovuto comunque cambiarle entrambe da capo a piedi. Peppa Pig, naturalmente, aveva già preso il raffreddore.
Ricapitolando, quando piove non posso portare mia figlia la grande a scuola e mi danno l’anima perché lei vuole andarci e perché se ci va io guadagno tre ore di autonomia, piccola permettendo.
Ditemelo, vi prego, illuminatemi: come fanno le altre mamme?!