È SANTO, ERA UOMO, ERO SCEMA

Questa sera andrà in onda su Rai 1 il film tv Non avere paura – Un’amicizia con Papa Wojtyla, tratto dal libro Era Santo Era Uomo di Lino Zani, la guida alpina che condusse Giovanni Paolo II tra i monti del Trentino. E a me viene in mente una storia, la mia. Ve la racconto.

Nella primavera del 2008 un caro amico e grande professionista mi mise in contatto con un produttore che aveva scritto un film sulla vita “montana” di Karol Wojtyla. Era un piccolissimo produttore e i soldi per produrre non ce li aveva, ma aveva trovato un produttore vero disposto a sostenerlo e gli erano già stati garantiti i fondi della Trentino Film Commission e di varie associazioni della zona, desiderose di ospitare una produzione diversa dai soliti cinepanettoni.
La sceneggiatura, però, era indecente. Un incrocio di storiografia e misticismo senza né capo né coda. E per questo volevano me: per metterci mano e darle un senso.
L’ho fatto, lavorandoci un’intera estate. Sono stata a Cortina, all’Adamello e in tutti i paesini visitati dal Papa, ho conosciuto la gente che l’ha conosciuto, ho parlato con tutte le autorità del posto e con i vari referenti del caso.
Il film però non si fece mai, perché quel piccolo produttore a un certo punto provò a farsi grande, litigò col produttore vero e perse tutti i fondi. Fondi che poi, presumo, sono stati destinati al film tv in onda questa sera: ma l’idea di farne uno sull’argomento, la voglia, l’intuizione, penso nacque lì.
Io non ho mai ricevuto il compenso pattuito, ovviamente. Ma ben mi sta, visto che mi ero fidata senza garanzie. Che volete farci? Ero giovane, ingenua ed entusiasta.

In ogni caso, oggi Wojtyla è Santo davvero. E questo film è di sicuro meglio di quello che creammo allora, e che nelle intenzioni del piccolo (megalomane) produttore doveva avere per protagonista Clive Owen. J’adore. Ma fa niente, mi piace pure Pasotti… Che volete farci? Sono onnivora. E, vi giuro, non più così fessa.

Giorgio Pasotti e Aleksei Guskov nei panni di Lino Zani e Papa Wojtyla

PIOVE SUL BAGNATO

Amavo la pioggia. Quand’ero giovane e incosciente. Quando mi godevo il rumore sui vetri mentre mi crogiolavo nel letto o stavo a casa nei sabato pomeriggio d’inverno.
Oggi, quando il meteo sullo smartphone mi dice che oggi, domani e dopodomani pioverà, io mi sento morire. Perché la pioggia ci terrà bloccate in casa e mi farà sentire in trappola.
A volte, se il cielo mi sembra amico, sfido il meteo. Come ieri, che portava pioggia ma c’erano il sole e 25 gradi, quindi ho messo le scarpe aperte, un vestitino estivo, cardigan leggero di Zara e giacchetta di pelle per poi trovarmi, completamente inadeguata e a disagio, in uno di quei sabato pomeriggio invernali, ma con i piedi bagnati e il gelo nelle ossa.
Il top però l’ho raggiunto quando, non dando fiducia al meteo, ho portato mia figlia la grande a scuola nonostante annunciasse pioggia. Al momento di andarla a prendere è scoppiato il famoso pata pata di ogni acqua e a me è venuto il panico. A piedi non potevo andare, capirai… Già senza pioggia è un problema, perché con una mano spingo il passeggino di mia figlia la piccola e con l’altra trattengo la grande che vuole correre da sola tra auto e incroci: dove lo mettevo l’ombrello?! Non fatemi essere volgare.
E allora sono andata in macchina, con la piccola bardata nella sua odiata sediolina che ha strepitato tutto il tempo rischiando una sincope. La maestra mi ha portato fuori la scolara che, divertitissima sotto l’acquazzone, ha giocato a Peppa Pig saltando nelle pozzanghere. Ci abbiamo messo un’ora a tornare a casa nel traffico aversano, mentre la scuola è a 5 minuti a piedi da casa, ma almeno, quando eravamo tutte e tre al sicuro nell’abitacolo, mi sono tranquillizzata.
Per non farle bagnare ho parcheggiato l’auto davanti al portone sfidando le ire funeste di quei fissati del mio condominio, e poi ho dovuto comunque cambiarle entrambe da capo a piedi. Peppa Pig, naturalmente, aveva già preso il raffreddore.
Ricapitolando, quando piove non posso portare mia figlia la grande a scuola e mi danno l’anima perché lei vuole andarci e perché se ci va io guadagno tre ore di autonomia, piccola permettendo.
Ditemelo, vi prego, illuminatemi: come fanno le altre mamme?!