#Sanremo2013 #5 #Fine

Marco Mengoni ha vinto la 63° edizione del Festivàl. Io ne ero quasi certa, l’unico dubbio ce l’avevo sui Modà che invece sono arrivati terzi dopo Elio e le Storie Tese (che però si consolano col premio della critica Mia Martini e con il premio per il miglior arrangiamento).

C’è chi lo snobba, Mengoni, con la solita solfa che ormai i Reality la fanno da padrone a Sanremo. Gente, urge che vi dica un paio di cose, ma soprattutto urge che le capiate (per non farcele più a peperini).

Primo: se non accettate il fatto che i prodotti dei Reality abbiano più possibilità di vincere Sanremo allora o non capite la televisione o fate finta di non capire. Sanremo è un programma tv, non una radio: lo vota chi guarda la tv. E chi guarda la tv si affeziona ai concorrenti dei reality perché li vede tutti i giorni, li segue come fossero i protagonisti di una fiction. Io, se dovessi scegliere tra nonno Libero e un altro nonno più figo e più bello sceglierei comunque nonno Libero, anche se Banfi non mi è particolarmente simpatico. Perché io scelgo il personaggio: proprio come fanno quelli che guardano i reality.

Secondo: Mengoni è bravo. Un po’ strevezo, ma bravo. Non è Marco Carta (che vinse nel 2009 e per fortuna non ce lo ricordiamo più); non è Scanu (che vinse nel 2010 e poi la fece in tutti i laghi e in tutti i luoghi prima di trasformarsi l’acconciatura in quella di Candy Candy); non è Emma (che ha vinto l’anno scorso e che adesso fa il direttore artistico ad “Amici”… e che secondo me non è neanche male). Oltretutto, visto che il voto della giuria di qualità valeva per il 50% e visto che il pubblico da casa si è secondo me più o meno equamente diviso tra Mengoni e i Modà, per trionfare Mengoni deve essere stato ben votato anche dalla stessa giuria di qualità. (Che fosse di qualità o meno, al momento è un dettaglio. Ma tant’è)

Quindi basta, ha vinto Mengoni e va bene così. Oltretutto è stato anche scelto per rappresentare l’Italia all’Eurofestival e mi pare appropriato che ci vada il vincitore di Sanremo.

Non ha vinto solo lui comunque: hanno vinto Fazio e la Littizzetto, con un festival bellissimo e molto seguito; ha vinto la musica visto che, a mio ignorantissimo avviso, le canzoni erano di ottima qualità; ha vinto il concetto di “riascolto”, visto che dopo quattro serate mi piacevano quasi tutte (tranne Cristicchi e Gualazzi, da lì non si passa). Insomma dispenso promozioni a tutti.

Tranne a chi ha deciso di ospitare Bianca Balti.

Ieri la Littizzetto ha fatto un bel discorso sul concetto della bellezza che oggigiorno è necessaria ma di cui in realtà si può fare a meno. Ha maledettamente ragione. Perché io non posso criticare Bianca Balti che vengo subito tacciata di invidia dai buontemponi.

Beh, io me ne fotto. E vi dico che pagare 500 mila euro una che a mio avviso non è tutta stà bellezza, non sa neanche leggere un foglio, inciampa pure sfilando (Dio c’è!), ha i capelli che più che da uno shatush sembrano penalizzati da una vergognosa ricrescita, non ha senso. Anzi, è una vergogna.

Non ce l’ho con lei ovviamente. Lei ha solo intascato il malloppo come avremmo fatto tutti. Ce l’ho con chi l’ha scelta perché senza questo vergognoso svarione avrei potuto definire, in una sola parola, questo festival “perfetto”.

(Per assimilarne la fine ho ancora “Domenica in” di oggi e “La vita in diretta” di domani”: sì, qui abbiamo nove vite come i gatti!)

#SanremoStory #Sanremo2013 #4

Rivedere Pippo Baudo sul palco dell’Ariston era una cosa che, nonostante l’illimitata fiducia che ho in lui,  non credevo mi sarebbe capitata: pensavo fosse troppo amareggiato all’idea di non condurlo lui per andarci solo come ospite. Io lo ero (e un po’ lo resto).

Invece l’avevo sottovalutato persino io: è tornato all’Ariston, ufficialmente per ritirare il premio Città di Sanremo, sicuramente perché la mancanza era diventata troppa, probabilmente perché si è arreso all’idea che non lo condurrà più.

Cazzo, anche io. Pippo è Sanremo, è la storia di Sanremo, ma troppo “vecchio stampo” per tornare a condurlo in questo clima di “nuovi” conduttori che stanno portando grandi ascolti alla manifestazione. Al momento non riesco ad immaginarlo nuovamente al timone del Festivàl, col suo capello bianco e con la teatralità del viso che oggi non si usa più.

E’ dura. E se tornasse farei esplodere petardi. Ma… andiamo oltre (sennò ari-piango).

Con questa premessa (commozione a parte) non posso che dire che la serata di ieri è stata b-e-l-l-i-s-s-i-m-a!! Sanremo Story l’hanno chiamata e così è stato: Pippo in primis, conduttore storico e recordman di conduzioni sanremesi; “i figli di” che hanno condotto una volta e sono tornati dopo oltre vent’anni per dimostrare che in quanto a presenza scenica non hanno imparato altro rispetto al pochissimo che sapevano; la statua di Mike Bongiorno inaugurata per le vie della città ligure che penso diventerà meta di turisti e non solo di piccioni; i cantanti in gara che hanno omaggiato la storia del festival cantando canzoni storiche di vecchie edizioni. In particolare voglio sottolineare una sorprendente Maria Nazionale (vestita benissimo stavolta!) con “Perdere l’amore”, la canzone più bella di sempre: emozionante.

Ho trovato giuste anche Annalisa e l’amica Emma che hanno cantato “Per Elisa” di Alice, bellissima versione e loro due vestite da Dio e pettinate da Satana. Molto molto intenso Megnoni con la bellissima “Ciao amore”: si è messo pure a piangere.

Poi, prima che me lo scordi (cosa che sto tentando di fare da ieri sera per potermi finalmente riavere) vorrei pubblicamente chiedere a Gualazzi di non azzardarsi mai più a prendere il testo di una bella canzone e spalmarlo sulle sue note jazz come ha fatto ieri sera con quello di “Luce” di Elisa: roba da vomito. Forse non gli era chiaro che doveva omaggiare la canzone, non distruggerla e renderla una litania per menti disturbate.

Poi gli Elii con Rocco Siffredi ( e le sue scontatissime battutine sessuali), Gazzé sempre smaltato che neanche io al mio matrimonio, la Littizzetto con indosso gli abiti storici di Sanremo (una bella idea a tratti sconcertante ma complimenti per il coraggio e per lo sparagno).

Infine, sorpresa delle sorprese, la gara dei giovani l’ha vinta il mio preferito, Antonio Maggio (che poi ho scoperto essere stato anni fa ad X Factor, anzi averlo vinto: ma com’è che alcuni che escono dai reality finiscono tra i giovani e altri tra i big? Mistero).

E tra i big chi vincerà? Il mio desiderio sarebbe il podio Gazzé-Elio-Mengoni ma pronostico un più nei canoni Modà-Mengoni-Gualazzi.

(Oh no: Gualazzi. Per carità mi starebbe pure simpatico, bravo ragazzo com’è. Ma non lo posso più sentire, sennò muoro!)

#Sanremo2013 #2

Il primo e più importante applauso che devo fare riguardo a ieri sera è per Neri Marcoré che, a differenza di quasi tutti gli altri “ospiti” a Sanremo, ha capito davvero questo strano e assurdo concetto di “ospite” e non ha monopolizzato per 45 minuti Rai1 facendo un suo spettacolo, ma ha interagito con la gara e con il conduttore facendo ridere senza farmi venire voglia di morire.

Grazie Neri, ti stimo.

Detto questo, gli applausi da fare sono tanti. Uno per Max Gazzè, che ha portato due canzoni meravigliose, soprattutto la prima che però non è passata, ma non mi lamento perché anche la seconda mi piace. Ma la prima, mi ripeto, che meraviglia.

“I tuoi maledettissimi impegni” – Max Gazzè.

Uno per Elio e le storie tese, che mi hanno fatto divertire come fanno sempre. Unici. Solo che, pur nel divertimento, non riesco a non pensare che ci stanno perennemente a piglià per culo. E che di noi, del festival, di tutto ciò che è più in giù di loro che guardano da lassù, non gliene po’ fregà de meno.

Uno per il Cile, che ha gareggiato tra i giovani e non capisco perché visto che è già famoso (non solo perché lo conosco io ma perché lo conosce Jovanotti che ha fatto il tifo per lui) e che hanno eliminato. Maledetti.

Un altro applauso scrosciante per la Littizzetto alla prese con Carla Bruni (e per piacere non chiamatela Carlà perché di Carlà ce n’è una sola ed è Carla Gozzi). Mi ha fatta morire, soprattutto quando le ha detto che “c’ha più culo che anima”. E’ vero. La versione di “Quelqu’un m’a dit” (canzone che io, che Dio mi perdoni, adoro!) ci stava tutta. E quindi brava Carla Bruni che si è fatta prendere in giro anche per la prossima vita, ma le consiglio di fare qualcosa per rimettere a posto gli zigomi: la tiratina è stata eccessiva.

Un applauso grande, grandissimo, grande quanto lo sono io adesso rispetto a quando da bambina sentivo le loro canzoni con papà, ai Ricchi e poveri. Dovevano esserci ieri sera come super ospiti, dovevano ricevere un tributo che li avrebbe giustamente inorgogliti e avrebbe fatto piacere anche a noi che il Festival lo amiamo e le loro canzoni le conosciamo. Invece un lutto tremendo ha colpito il baffo, Franco Gatti, quello che mi è sempre stato più simpatico di tutti perché defilato, timido. Quest’uomo ha perso il figlio e noi abbiamo perso l’occasione di cantare tutti insieme in diretta dall’Ariston “Sarà perché ti amo”.

Ancora applausi per Fazio, che mi piace tanto. Imita bene, è sempre gentile, sopra le righe, quasi Alice nel paese delle meraviglie ma diverso da tutti gli altri.

E questi erano gli ultimi, mi si sono stancate le mani. Passiamo ai miei “no”.

No per gli Almamegretta: molto poco Almamegretta. Soprattutto quando hanno cantato la seconda canzone (che ahimé è passata quindi la riascolterò sicuro) scritta da Federico Zampaglione dei Tiromancino che è senza ombra di dubbio l’essere più triste della terra. Fatta eccezione per Ih-Oh, l’amico di Winnie The Pooh che però non conta: è un personaggio inventato.

No per Cristicchi, inascoltabile.

No per la gara tra i giovani relegata oltre la mezzanotte e fatta velocissimamente perché non c’era più tempo. E che miseria! Era pure saltato lo spettacolo dei Ricchi e poveri: se ci fossero stati loro, i giovani a che ora sarebbero slittati: a stamattina?!

No a Belle Fiorello. Mi urta. Sempre buono, sempre commosso, sempre impeccabile. Troppo perfetto per me e eccessivamente manieristico. No.

No a Bar Rafaeli: inutile, malvestita e bella sì ma mica roba dell’altro mondo. E poi quelle quattro cose che ha detto poteva sforzarsi di dirle in italiano.

Nel limbo ci lascio i Modà e Annalisa (ma dove l’ho già vista?) che voglio riascoltare.

E adesso vado ché devo prepararmi psicologicamente a stasera. No, non al Festival o almeno, non a tutto il Festival ma ad un momento singolo e per me traumatico: l’arrivo di Albano.