Succede che mia figlia in un ridente venerdì si prenda un bel febbrone, che parte lento e dopo poco arriva già a 38. Via di Tachipirina sciroppo e reclusione (menomale che quella mattina l’avevo portata al parco, almeno ha fatto scorta di ossigeno).
Succede che la febbre continui a salire con un picco di 39.9 sabato sera nonostante la Tachipirina, cosa che mi porta a crepare di paura, a tentare inutilmente di contattare il suo pediatra che ha il cell staccato, e alla fine a darle anche il Nurofen su consiglio di un amico pediatra.
Succede che il giorno dopo le cose sembrino andare meglio ma ecco che il pomeriggio la febbre torna a salire e la sera di domenica siamo di nuovo a 38.9 di temperatura. Così il mattino dopo, appena sveglia (sveglia si fa per dire visto che in 3 giorni ho dormito 6 ore) chiamo il signor pediatra sul cellulare alle ore 8 del mattino, come previsto dal suo “regolamento”. Mi risponde con la sua solita aria scoglionata e infastidita ma io me ne frego e gli racconto tutto il fatto. Dopo un lunghissimo silenzio mi “concede” di portargli la bimba allo studio quella stessa mattina. No dottore, forse non ci siamo capiti: ieri sera mia figlia aveva 38.9 e oggi piove e c’è vento, io non voglio farla uscire. Non potrebbe venire lei? Assolutamente no, mi risponde. E poi, aggiunge, non facciamola tragica: 38.9 mica è temperatura alta. Ah, no? No. Alquanto indignata gli dico che chiamerò in studio per prendere l’appuntamento ma che se la febbre dovesse risalire la bambina non la farò uscire di casa. Mi congeda con un freddo arrivederci.
Succede che io chiami in studio e parli con sua moglie che già mi sta sulle palle da sempre perché non fa altro che urlare in sala d’attesa e dire che i suoi figli sono i più belli e intelligenti del mondo, cosa che in uno studio pediatrico io non direi per un fatto di delicatezza: magari c’è uno che ha un bimbo ritardato o brutto e lo stai offendendo, deficiente! La moglie si mette subito sulla difensiva e dice che il marito a casa non può proprio venire, devo andare io da loro. Al che sto quasi per capitolare ma mi ricordo che quel giorno non ho la macchina perché mio marito se l’è portata al lavoro e che quindi comunque non potrò andare. Lei, molto molto comprensiva mi dice che non è un suo problema e che devo trovare qualcuno che mi porti. Al che rinuncio e decido che chiamerò il medico privato, ma a lei dico che ci aggiorneremo poi.
Succede che la febbre, puntuale come fa da due giorni, alle 11 salga di nuovo quasi a 38. Al che mio marito mi tormenta consiglia di richiamare il pediatra della mutua prima di chiamare quello privato ed io lo faccio. La moglie, compassionevole, mi dice che mi avrebbe chiamata lei a breve per sapere come stava la bambina e quando le dico che ha di nuovo la febbre mi inserisce immediatamente nella lista delle visite domiciliari senza fare più storie.
Succede che alle ore 20:15 arrivi il pediatra e dopo un frugale buonasera visiti mia figlia in silenzio senza degnarmi di uno sguardo. Poi finalmente si accorge che ci sono anche io e mi chiede di raccontagli com’è andata. Inizio a fare il resoconto delle febbri e lui mi interrompe con un tutto questo non conta: vuole sapere i sintomi ma sintomi, a parte la febbre, non ce ne sono stati. Al che si mette a parlare con la bimba e le dice che l’importante è che non ha febbre dalla sera prima. No dottore, stamattina l’aveva, ribadisco io. Mi aveva detto di no al telefono, dice lui. Poi le è salita, chiarisco io. E qui lui dice quello che non avrebbe mai dovuto dire ad una madre preoccupata, stanca, normalmente equilibrata e che cerca di avere a che fare con i medici il meno possibile nella vita. Dice con un sorrisetto guarda caso! Trattenendo la mia furia mortale, gli dico che mia figlia aveva davvero la febbre la mattina, che non m’inventerei mai una malattia, che non sono quel tipo di persona. Ma lui non mi crede e dice che io volevo la domiciliare solo perché non avevo la macchina, che io non sono nessuno per decidere se è il caso o meno di visitare a casa, che quella è scelta sua e che io voglio averlo al mio servizio (parole che la moglie sostiene io abbia proferito).
Succede che tutto l’odio che sento per quest’uomo esploda dentro di me e mi faccia perdere le staffe. E gli dico che il suo atteggiamento scostumato di chi si crede Dio non mi è mai piaciuto e me lo sono tenuto come pediatra solo perché lo ritenevo bravo, al che mi dice senza problemi che esistono tanti pediatri al mondo, mica è l’unico. Gli dico che può giurarci, che con lui non voglio più avere nulla a che fare né tantomeno con quella mitomane della moglie, che sarà anche preparato scientificamente ma che deve imparare a trattare con la gente e a rendersi conto che lui potrà anche essere abituato a vedere febbri a 42 ma che noi comuni mortali non lo siamo e un 39.9 ci spaventa.
Succede che nel frattempo arrivi mio marito e il medico cambi atteggiamento, cercando di limitare i danni. Io mi limito di dire a mio marito che la bimba non ha nulla e che il medico ritiene mi sia inventata la febbre della mattina pur di poterlo avere a casa (ma Dio lo sa quanto avrei voluto evitare di rivedere quella faccia di cazzo) ed esco di scena con un prosegui tu perché con questa persona io non voglio più avere niente a che fare. Mio marito, con il suo aplomb che un po’ invidio e un po’ mi fa girare le palle a elica, prende le mie parti ma perlopiù si interessa della bambina e chiede cose mediche. Il pediatra a lui dà spiegazioni, consigli, suggerimenti e poi propone improvvisamente delle analisi che mai e poi mai avrebbe prescritto visto che non ha riscontrato nulla dalla visita ma che prescrive col solo scopo di metterci la pulce nell’orecchio e costringerci per coscienza a fare una cosa che non riteniamo necessaria così come, secondo lui, ho fatto io nel farlo venire a casa inutilmente. Ed è per questo che lui è stato inqualificabile con me, in definitiva: perché l’ho sfidato e ho vinto, mentre è abituato a costringere le madri a portare i figli in ambulatorio anche con 42 di febbre tanto che l’ultima volta che siamo state lì per il bilancio c’era una zona off limits tipo lazzaretto in cui c’erano i piccoli contagiosi (zona in cui alla fine ci hanno spostati = geni!)
Succede che se ne vada salutandomi dall’arco della porta e io gli risponda a monosillabi dall’altra stanza, maledicendo i miei genitori per avermi fatta troppo educata e maledicendo il fatto che queste cose succedono sempre a casa mia, dove paradossalmente non posso tirare fuori la vaiassa napoletana che è da qualche parte dentro di me.
Succede che mi ci vogliano due ore per sbollire l’ira funesta senza versare neanche una lacrima di rabbia.
Succede che nel referto il medico abbia scritto che la diagnosi è “febbre da 48 ore”: ha messo per iscritto che mia figlia non aveva febbre da domenica sera e quindi io ho mentito, c’è poco da fare.
Succede che io abbia detto a mio marito che se proprio vuole tenersi questo luminare come medico dovrà impegnarsi ad andare sempre lui alle visite e ai bilanci, nonché a telefonargli se serva, perché io non voglio più averci a che fare. Ribadisco.
Succede che dovremo dunque cambiare pediatra e devo fare qualche indagine prima: non voglio uno che venga a casa, me ne sbatto (e del resto in quasi due anni questa è stata la prima volta che l’ho contattato), ne voglio solo uno che sia comprensivo e gentile e che mi faccia sentire che ho qualcuno che mi aiuta e non un nemico che mi giudica perché questo lo fa sentire migliore. Anzi, il migliore.
Succede che mi venga da pensare per la prima volta in vita mia che sia meglio pagarlo un medico. Ma neanche questo garantirebbe gentilezza.
Succede che io sia molto offesa, inviperita e che vorrei chiamare allo studio per prendere a parolacce la moglie. Ma mi ricordo della volta in cui a seguito del suo show in ambulatorio, quando ha detto che la figlia era talmente intelligente da dare fastidio in classe perché non permetteva lo svolgimento della lezione correttamente in quanto annoiata, le ho detto che forse alla figlia avrebbero dato per questo una maestra di sostegno. Il che la zittì, con mia goduria.
Succede che vorrei spaccare qualcosa e urlare fino a ri-perdere la voce.
Succede che non è giusto che io, una madre che odia i medici e che tende a non portarci mai la bimba sia passata per una affetta da sindrome di Munchausen mentre mio marito, che mi tormenta giorno e notte per farmi chiamare, minacciare e tormentare i medici sia passato per quello ragionevole con cui si può dialogare.
Succede che purtroppo il pediatra sia morto solo a livello figurato.
Ma soprattutto succede che mia figlia stia bene ed è solo su questo che sto tentando di concentrarmi.
Anche questo è essere mamma. E donna.
PS: Fatemi l’applauso per quante poche parolacce ho usato.